10.2.2014 16:27

GIORNO DEL RICORDO: SERRACCHIANI, ESODO FERITA SANGUINANTE

Trieste, 10 feb - "Una ferita sanguinante, che solo la buona volontà e un senso più alto e potente del nostro essere umani ci aiuterà a trasformare in insegnamento e monito perpetuo". Con queste parole la presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani ha voluto ricordare oggi a Trieste - "capitale morale dell'Esodo", ha detto - il Giorno del Ricordo nel corso della cerimonia al Palazzo del Governo di piazza Unità d'Italia, alla presenza del presidente del Senato Pietro Grasso, con la partecipazione del vicepresidente del Consiglio regionale Paride Cargnelutti, del prefetto Francesca Adelaide Garufi, della presidente della Provincia e del sindaco di Trieste, Maria Teresa Bassa Poropat e Roberto Cosolini, degli assessori regionali Francesco Peroni e Gianni Torrenti. "Conservare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo forzato dalle loro terre, diffonderne la conoscenza presso i giovani attraverso la scuola e ogni presidio educativo rappresenta un solo parziale risarcimento per i lunghi decenni durante i quali l'oblio e la rimozione erano l'indirizzo cui si attenevano anche le istituzioni repubblicane", ha sottolineato la presidente del Friuli Venezia Giulia, regione che "più di ogni altra ha conosciuto e condiviso la tragedia dell'Esodo istriano, fiumano e dalmata; che tiene alto il testimone di un obbligo storico, civile e morale che ci lega strettamente alle nostre genti dell'Adriatico orientale e alle loro sofferenze". "E' giusto riconoscere senza esitazioni o riserve che gli esuli istrodalmati furono gli italiani che pagarono il prezzo più alto, perché il loro sacrificio non fu contato solo in vite strappate, in focolari e terre perdute, in tombe per sempre abbandonate. Più duro fu l'oltraggio di un'Italia vergognosa dei sui figli fuggitivi, più acre fu l'insulto di un'accoglienza talvolta ostile, più umiliante fu il subdolo negazionismo che talora riemerge". "Le foibe furono troppo a lungo una parola che ha diviso - ha rilevato Serracchiani - quasi che quei poveri corpi lacerati potessero essere misurati o pesati sulla bilancia delle ideologie che nel Novecento hanno trafitto il cuore d'Europa. Nessuno osi più mettere in dubbio la natura di quel misfatto, nessuno ne revochi in discussione l'impronta, tutti abbassino il capo dinanzi a quelle voragini in cui furono precipitati tanti italiani ma anche croati, sloveni, partigiani monarchici, militari tedeschi, religiosi cattolici. Un delirio in cui non mancarono di insinuarsi le occasioni per regolare anche conti privati". Ricordando la foiba di Basovizza (oggi la presidente si è recata a rendere omaggio sia alla foiba di Basovizza sia al monumento all'Esodo in piazza Libertà) come "simbolo di un orrore che non va cancellato o banalmente superato", Serracchiani ha quindi osservato come "in tempi in cui la parola d'ordine era dimenticare, ci fu chi conservò la memoria dei luoghi del dolore: è merito anche della tenace e a lungo oscura opera resa dalle Associazioni degli Esuli se quel luogo ha avuto una degna consacrazione. Ma è tutto il popolo dell'Esodo che deve essere ringraziato, per la forza con cui tante famiglie seppero silenziosamente ricostruirsi le loro vite, anche affermandosi nel mondo, spesso nelle nuove terre verso cui migrarono alla ricerca di miglior fortuna". "Sappiamo che fu un percorso difficile, quello che intrapresero gli italiani d'Istria, di Fiume e della Dalmazia, dopo essersi lasciati alle spalle beni e speranze. Furono velate dal pudore le tappe più tristi. Il nostro ricordo sia dedicato anche agli anni consumati e alle giovinezze sbocciate in quei luoghi, ancora troppo poco conosciuti, dove interi nuclei familiari hanno vissuto nella promiscuità di pochi metri quadrati: i centri di smistamento e i Centri raccolta Profughi, il Silos a Trieste, via Pradamano a Udine, il campo di Padriciano sul Carso, i tanti luoghi simili in tutta Italia". Su questa tragedia il "clima nuovo, una nuova consapevolezza" venne raggiunta nel 2004 dall'approvazione a larghissima maggioranza della legge istitutiva del Giorno del Ricordo: "vorrei guardare a quel momento come a una manifestazione di alta responsabilità politica, in cui si è saputo e voluto guardare alla sostanza delle cose e al buon diritto, prima che preoccuparsi di marcare le differenze". Un atto istituzionale che "la Repubblica Italiana ha compiuto rendendo giustizia a un male subìto dai suoi figli. Credo che, nella luce nuova e più limpida proiettata dall'Europa sulle terre di quello che fu il confine orientale, dovrebbe essere possibile auspicare una condivisione da parte dei Paesi vicini e amici. Tutti ebbero le loro vittime innocenti, e forse soffermarsi assieme su una dolorosa memoria comune potrebbe essere occasione di un'ancora più stretta condivisione del futuro". "Certo, per molti che hanno vissuto l'Esodo sulla pelle, capisco che è difficile sentire appelli di riconciliazione. Le esperienze vissute e le ferite dell'anima individuale non sono freddi fatti storici, né fasi oggettive da cui si possa prendere congedo con atti di volontà. Io che non voglio perdere la speranza nel dono soggettivo della pacificazione interiore, mi inchino con rispetto - ha affermato Serracchiani - a quanti hanno vissuto i soprusi, le violenze e l'esilio per il loro essere Italiani, e che sono ancora tra noi pulsanti e preziosi testimoni: essi sono il Ricordo in carne e ossa", ha concluso la presidente. ARC/RM